Fra i temi che riguardano il vino non si può certo tralasciare l’evoluzione del suo contenitore: la bottiglia. In giro per l’Italia e per il mondo ne esistono di differenti forge e dimensioni. Nel Chianti è da segnalare la relazione tra il vino e la tipica bottiglia chiamata fiasco. Prodotto artigianalmente nelle vetrerie toscane fin dal XV secolo, questa forma di vetro soffiato era diffusa con differenti nomi su tutto il territorio della penisola.
Nel “Banchetto per Nastagio degli Onesti” il Botticelli dipinge due fiaschi appoggiati al tronco tagliato di un albero, mentre il Ghirlandaio nell’affresco “La nascita di Giovanni Battista” nella cappella Tornabuoni raffigura un’ancella che porta un vassoio di frutta e dei fiaschi.
È nell’Ottocento che il fiasco comincia a rappresentare l’icona del contenitore del noto vino toscano. Inizialmente i fiaschi erano commercializzati con varie chiusure e con l’utilizzo di olio per la conservazione, sarà il produttore vinicolo Laborel Melini di Pontassieve che assieme alla Vetreria De Grolèe perfezioneranno il fiaschetto-bottiglia in grado di resistere alla pressione meccanica esercitata per la tappatura.
È nell’Ottocento che il fiasco comincia a rappresentare l’icona del contenitore del noto vino toscano
Fra le caratteristiche del fiasco vi è quella del rivestimento, un’accortezza necessaria per aumentare la resistenza del contenitore stesso e facilitarne il trasporto. Questo duro mestiere era spesso svolto da donne chiamate per questo “fiascaie”.
Negli anni Trenta, per tutelare l’immagine del fiasco, le aziende vinicole toscane ottennero una legge che proibiva di esportare fiaschi vuoti: si temeva il pericolo che fossero utilizzati senza alcun controllo per contenere vino contraffatto o di scarsa qualità. La paura degli imprenditori toscani purtroppo si rivelò esatta: nella seconda metà del novecento i produttori iniziarono a commerciare nei fiaschi vino di scarso livello, con la convinzione che i consumatori lo avrebbero comprato comunque proprio grazie alla bottiglia.