Risalgono al XIV secolo le prime raccolte di ricette di cucina in volgare. Fra questi è presente il Libro della cucina dell’Anonimo Toscano. Si tratta di un testo anonimo, probabilmente scritto come promemoria per sé e per i propri collaboratori di cucina.
Le ricette del libro appaiono senza un ordine preciso e a differenza di oggi non sono presenti né quantità né dosi. Molti dei piatti proposti sono fortemente speziati dato che le spezie rappresentavano un vero e proprio simbolo di ricchezza per l’epoca.
Fra tutte le ricette abbiamo scelto un piatto semplice ancora presente sulle nostre tavole e che la cucina contadina ha saputo tramandare, il purè di fave:
De le fave infrante
Togli fave, bene infrante, mundate e sciolte e nette, e fèlle bullire uno bollore; e, gittatene via l’acqua, lavale molto bene, e mettile in uno altro vaso con poca acqua e sale, che sieno solamente coperte coll’acqua, e volgile spesso colla mescola: e, cotte che le siranno spesse, ammaccale con la mescola fortemente. Poi le distempera con uno poco d’ acqua aggiunta, e fà scudelle, e metti in le scudelle mele, ovvero oglio fritto con cipolle, ovvero lardo fritto.
Altramente
Fave infrante, e lavale con l’acqua calda, mettile a bullire: e quando aranno bullito, lavale bene un’ altra volta, e polle a bullire in tanta acqua, che sieno coperte e guardate dal fumo. E quando saranno ben cotte, menale con la mazza; poi le distempera con acqua fredda, ovvero vino bianco, sì che sieno bene fatte. Poi fàne minestre, e mettivi su oglio, fritto con cipolle; e dà mangiare. E se volessi, puoile distemperare con acqua calda, e se vuoli, mettivi su pepe, zaffarano, mele e zuccaro. Con queste fave porrai dare tinca, o altri pesci. E sappi, che, de le predelle cose, porrai fare mortadello.