La storia della produzione vinicola del Chianti è ricca di tentativi, dubbi, soluzioni e esperimenti. Un processo che ha visto coinvolti molti noti personaggi storici come ad esempio Bettino Ricasoli.
Conosciuti per l’attività politica e in numerose altre professioni assieme ai loro, meno noti, contadini e braccianti hanno saputo guardare con curiosità all’attività agricola e in particolare a quella della produzione del vino.
Universale è il lamento fra i toscani e fra gli esteri i quali assaporano il nostro eccellente vino perchè il medesimo non è capace di lunga conservazione
Molte di queste ricerche si trovano all’interno dei quaderni dell’Accademia dei Georgofili, fondata a Firenze nel 1753 con lo scopo di «far continue e ben regolate sperienze, ed osservazioni, per condurre a perfezione l’Arte tanto giovevole della toscana coltivazione».
Sul Giornale Agrario Toscano si legge di un esperimento tentato dal cavalier Ricci che nel 1825 spedisce il vino prodotto nella sua Tenuta la Castellina negli Stati Uniti e in Inghilterra per verificarne la buona conservazione, chiedendo anche che dagli Stati Uniti gli venga rispedita una parte per poterne verificare personalmente lo stato. L’esperimento – dall’esito molto positivo – serviva a dimostrare la qualità delle uve, mentre i problemi che potevano verificarsi nei lunghi trasporti del vino erano da attribuire alle cattive pratiche di cantina.
Universale è il lamento fra i toscani e fra gli esteri i quali assaporano il nostro eccellente vino perchè il medesimo non è capace di lunga conservazione e molto meno suscettibile di sopportare la navigazione senza deterioramento. […] Il gennaio 1825 furono imbarcati Livorno due fusti di vino della tenuta di barili cinque circa, destinati per Nuova-York […] Contemporaneamente avevo spedito Londra una cassa contenente 57 bottiglie dello stesso vino onde conoscere se in Inghilterra il giudizio portato dai consumatori su detto vino fosse conforme quello degli americani.
[…] Nel 22 giugno 1825 ricevei da Nuova-York le sei bottiglie di vino secondo il concertato ne furono aperte due in casa Dini in Firenze, in presenza dei signori fratelli Dini di altri commensali intelligenti. Io solo conosceva la differenza esterna che passava tra le due bottiglie ma il giudizio fu unanime in riconoscere che il vino ritornato d’America era infinitamente superiore quello rimasto in Firenze. (Giornale agrario toscano, Volume 14)